Digital marketing e AI | un’intesa perfetta

AI Marketing

Fare digital marketing e specializzarsi nel digital marketing, non significa solo saper fare una campagna web, ma anche diventare direttori d’orchestra aziendali facendosi guidare dai dati.

Il professionista del Marketing 4.0, per citare Kotler, è colui in grado di presidiare, tutte le fasi della customer experience, ovvero tutti quei punti nevralgici dove si forma l’esperienza dell’utente su di una marca.

Ma per capire a fondo il contributo del digital marketing occorre partire dal significato di marketing che diede lo stesso Kotler e che tutt’ora rappresenta una pietra miliare:

 l’individuazione e il soddisfacimento dei bisogni umani e sociali.

Al centro ci sono i bisogni delle persone.

Fino a qualche anno fa, i CMO – Cheaf Marketing Officer – basavano le proprie decisioni di marketing sui dati che provenivano dalle ricerche di mercato e dalle valutazioni di customer satisfaction.

Il percorso che descriveva il viaggio del consumatore dalla scoperta di un prodotto all’acquisto, era piuttosto lineare. Se immaginiamo un imbuto (‘funnel’ in inglese), c’erano solo tre step: la visione del prodotto, l’acquisto e la valutazione post acquisto.

Una piccola parte di coloro che vedevano il prodotto decidevano di acquistarlo e una porzione ridotta di questi era disposta a lasciare un feedback riguardante il loro acquisto, soprattutto in termini di customer satisfaction.

Attraverso accurate ma anche costose ricerche di mercato e analisi di customer satisfaction, i CMO introducevano innovazioni di prodotto e servizio.

Oggi, invece, il percorso o la customer experience che lega l’utente al prodotto è molto più complessa. Tuttavia, a fare da contrappeso, vi è una ricca disponibilità di dati ‘gratuiti’ che i CMO possono sfruttare per creare innovazioni in real time e differenziate su esigenze latenti dei clienti (si tratta quindi di applicare strategie di digital marketing).

Vediamo come l’intelligenza artificiale sta innovando lo scenario del digital marketing.

Verso l’economia dell’esperienza

La società in cui viviamo è stata definita, nell’ultimo decennio, come una società ‘liquida’. La nuova normalità della società diventa il continuo cambiamento che mette sempre di più in discussione il rapporto tra brand/aziende e persone.

Si parla, oggigiorno, di economia dell’esperienza per indicare una forte richiesta da parte della domanda, non più solo di prodotti ma di esperienza uniche, personalizzate e memorabili attraverso servizi e contenuti.

Come possiamo conoscere il tipo di esperienze che il consumatore ricerca? La risposta viene  proprio dai dati. Le esperienze del consumatore sono come ‘mode’, come flussi di persone che si dirigono verso determinati stimoli.

Una volta, per analizzare questi flussi occorrevano costose ricerche di mercato che, tra l’altro, erano condotte su base campionarie e, di conseguenza, presentavano risultati affetti da distorsione.

Oggigiorno, invece, i CMO fondano le proprie scelte su un’attenta analisi delle customer journey, ovvero dei percorsi che connettono il prodotto al consumatore analizzando il tipo di esperienza che essi vivono in tutte le fasi.

Per citare ancora una volta Kotler, parliamo di marketing 4.0, che monitora la user experience nelle fasi di: aware, appeal, ask, act, advocate.

Oggi la vera sfida è riuscire a progettare esperienze personalizzate e tempestive nei diversi touchpoint, ovvero, punti di ingresso dell’utente.

Intelligenza artificiale e data driven

Oggi i CMO hanno a disposizione tecnologie più avanzate per progettare esperienze personalizzate e coinvolgenti. Il trend del momento è quello dell’intelligenza Artificiale applicata al marketing o meglio a quello che oggi viene chiamato ‘Data Driven Marketing’.

Con l’appellativo Data Driven Marketing si intende evidenziare il ruolo fondamentale svolto dall’analisi dei Big Data nella definizione delle strategie di mercato.

Secondo l‘Osservatorio Italiano sull‘Artificial Intelligence Marketing il 20% delle aziende intervistate dichiara l‘effettiva adozione di soluzioni di Intelligenza Artificiale (AI) e di queste solo il 5% a livello maturo. Il 36% sostiene di aver cominciato da poco la sperimentazione o di averla pianificata nei prossimi 12 mesi, mentre il restante 44% afferma di non prevedere l‘adozione di soluzioni di AI o di non sapere se ciò avverrà.

Il dato sconfortante è che circa metà dei marketer riduce semplicisticamente il tema dell‘Intelligenza Artificiale ai concetti di chatbot, big data e robot.

Intelligenza Artificiale e predictive analytics

Il primo campo di applicazione dell‘Intelligenza Artificiale ai processi di marketing è nella fase di comprensione delle esigenze dei consumatori, ma anche dei luoghi e dei momenti ideali nei quali entrare in contatto (customer intelligence). Per farlo i marketer dovrebbero investire in un sistema di analytics in grado di raccogliere, mettere in relazione e visualizzare i Big Data utili all‘analisi e, dunque, procedere verso il digital marketing.

Le tecnologie più avanzate non si limitano a fotografare l‘esperienza attuale fatta nei vari punti di contatto con l‘azienda, ma offrono delle stime predittive sui comportamenti futuri (predictive analytics).

Le informazioni elaborate dai sistemi di analytics dovrebbero aiutare nella profilazione dei clienti ma anche nella gestione dei processi di marketing. Oggi, una certa automazione degli stessi è necessaria proprio per riuscire ad entrare in contatto con prospect e clienti nel momento in cui hanno bisogno di una certa informazione.

Nella pratica i modi per farlo possono essere diversi: dall‘automazione di notifiche via app, quando il consumatore si trova fisicamente in un certo luogo, all‘attivazione di chat bot in determinati momenti della navigazione, fino all‘uso di sensori IoT in negozio per offrire sconti personalizzati.

In definitiva oggi le tecnologie per aiutare i CMO nel miglioramento della customer experience sono sufficientemente mature, ma quello che spesso manca è un approccio strategico (pianificato e ragionato), supportato da un coinvolgimento di tutti i livelli organizzativi.

Come misurare il valore di un progetto di Big Data?

Il valore di un progetto di Big Data dipende dall’efficienza che esso produce e dalla redditività che esso apporta. Queste caratteristiche non possono essere generalizzate e dipendono dal contesto in cui esse si trovano.

E’ possibile individuare alcuni degli ambiti aziendali in cui i progetti di Big Data hanno chiaramente dimostrato un elevato tasso di redditività.

  • Manutenzione predittiva: tutte le aziende manifatturiere/metallurgiche possono beneficiare di sistemi di intelligenza artificiale per evitare problemi di down-time e per anticipare malfunzionamenti produttivi degli impianti.
  • Sanità: utilizzare tecniche di machine learning e artificial intelligence per il benessere delle persone non è una chimera, basta saper usare correttamente gli strumenti e avere senso etico e di sicurezza nell’utilizzo dei dati.
  • Digital Marketing: aumentare la user experience degli utenti sul web per generare nuovi profitti.
  • Virtual Coach: sempre di più gli schemi delle squadre sportive vengono testati in laboratorio grazie a sistemi di apprendimento automatico-
  • Banche/assicurazioni: riducono il rischio di illeciti finanziari.
  • Automotive: dotare le auto di sistemi di intelligenza artificiale per evitare collisioni. Una recente indagine americana ha dimostrato che il 90% degli incidenti capita per errori umani.

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